Il ritmo, nelle terre dell'Italia del sud, è da sempre legato ad un ballo maledetto, un ballo ghettizzato o proibito, la tarantella, che per vivere o sopravvivere è costretta a giustificarsi come pratica di guarigione da uno stato alterato, sorta di esorcismo in musica per scacciare il demone che invasa e possiede il tarantato.
Il mito della taranta, nella leggenda del ragno nero che morde e costringe al ballo, nasce così proprio nell'era dell'oscurantismo medievale quando le divinitàpagane della Magna Grecia sono messe a tacere dai nuovi apostoli di una religione più razionale e composta, austera e castigata. Dionisio Bacco e Apollo, divinità dei riti sfrenati dal vino, della poesia e dell'eros spariscono nella nuova cultura che rinnegherà l'edonismo classico per il misticismo medievale.
E così dalle feste pubbliche del dio pagano, dalla festa del dio che balla, si passa alla festa nascosta del dio che perdona, rappresentato dal suo apostolo San Paolo protettore dei tarantati nel chiuso dei cortili o nel sagrato della basilica di Galatina che al santo è dedicata e che accoglie ed assiste le vittime della taranta nella fase finale della guarigione.
La storia della tarantella è dunque storia di repressione, una repressione che parte dalla cultura egemone e si abbatte sulla cultura contadina, arcaica ed ostinatamente legata alle favole e ai riti della terra e degli astri.
E la cultura egemone tollera a stento i residui di un'usanza che non riesce a sradicare del tutto e nel concilio di Trento il ritmo viene bandito dalla musica come elemento demoniaco.
Ma nel frattempo la tarantella seppure nel sottobosco della civiltà contadina più emarginata, continua a funzionare, a guarire e ad indurre in tentazione. E i musici popolari continuano a suonare per ore ed ore le loro percussioni e a ricreare con i flauti con le lire o con la voce le loro sensuali melodie. E quando e dove il tarantato non c'è, quegli strumenti e quelle note risuonano ancora e si diffondono per villaggi e regioni e le voci tese e i ritmi estenuanti rimbalzano da una vallata all'altra e si spargono per tutta la penisola.
E le serate nei cortili delle masserie e le feste nei villaggi sono animate dalla musica della tarantella, e dal ballo che è sempre tarantella anche in assenza del tarantato propriamente detto.
Quindi anche nei luoghi dove il tarantismo si reduce e scompare, resta la tarantella, che lentamente si modifica tramandandosi oralmente di generazione in generazione, e si evolve nella funzione ora di ballo collettivo o di coppia, ora di processione nelle feste rituali, ora di ritmo e di forma musicale e di poetica di serenate portate alla finestra dell'innmorata.