ASSOCIAZIONE STUDI STORICI SORRENTINI
LIONS CLUB PENISOLA SORRENTINA
Proverbi e detti sorrentini
a cura di Antonino Cuomo
Avv. Giuseppe Cuomo
Consigliere Provinciale
'O 'lleccà piatte
pur' è mangià
Il leccar piatti
è anche mangiare
E' ormai noto ciò che è successo l'11 settembre: una rivoluzione nel sistema di vita, di far...guerra, di danneggiare colui che è ritenuto il nemico, di giungere alla distruzione di beni altrui.
Si discute di quante cose siano cambiate, come sia mutata la vita interiore ed esteriore delle comunità, ma si denunciano, ancora più, le conseguenze di quel giorno, specie per l'economia turistica italiana.
E poichè la Pensiola Sorrentina ha nel turismo la sua colonna portante, la crisi mondiale che limita..i viaggi, non può non avere ripercussioni - almeno in prospettiva - sul domani del comprensorio.
Fra quanti si lamentavano dell'accaduto per il futuro, di fronte a chi si curava le ferite...economiche perchè l'evento si era verificato, per fortuna, solo a settembre (quando la stagione turistica si avviava alla conclusione) e in sostituzione degli americani, magari aumenteranno gli europei (e, perchè no, anche gli italiani), sorse una voce che cercò di iniettare coraggio: " 'O 'llecca piatte, pur' è mangià"!
Sembra ricordare l'episodio del povero che doveva arrangiarsi, mangiando "lupini", ma che, voltandosi indietro, si accorse che c'era qualcuno che lo seguiva e mangiava le bucce che egli lasciava a terra.
O l'altro detto: "Si nun può magnà carne, bivete 'o broro"!
Per sostenere la vita non è necessario "abbuffarsi", basta il minimo per resistere!
In economia basta non....rimetterci: in periodo di crisi può essere sufficiente coprire le spese, in attesa di tempi migliori!
Morte e marito
nun aspettà mai quanno veneno
Morte e marito
non aspettare mai quando giungono
Il mistero che unisce la vita e la morte e il mistero che congiunge la vita di due esseri umani è impossibile da quantificare ed organizzare nel processo delle previsioni razionali.
Così come un'estrazione del lotto, un premio tirato a sorte o un accadimento metereologico di grande portata non sono prevedibili. Quindi inutile progettare di conseguenza avvenimenti, incontri, decisioni non calcolabili fino ad ora con alcuna logica conosciuta.
Raimonda Gaetani, scenografa
Mentre 'o miedico studèa
'o malate mora
Mentre il medico studia
il malato muore
La scienza e la coscienza, prerogative della professionalità del medico, un tempo erano sbilanciate per via della diagnostica spesso rudimentale e più spesso basata unicamente sui dati clinici del malato e sul personale intuito del "dottore".
Al giorno d'oggi, invece, sia per il supporto dei mezzi tecnologici d'indagine avanzati e capillarmente estesi alla esplorazione di tutto il soma, sia per l'ampia documentazione e diffusione multimediale della ricerca, della sperimentazione, degli interventi e dei risultati in ogni parte del mondo industrializzato, il compito del medico - salva la sua coscienza ippocratica - è generalmente facilitato.
Alla luce di queste considerazioni, parrebbe quindi superato il tentativo di commento del proverbio in oggetto.
A meno che...
A meno che (fuori dall'ambito dell'efficienza del servizio sanitario privato), stanti le lampanti carenze strutturali del Sistema Sanitario Nazionale, con le sue disfunzioni e complicanze burocratiche nel campo dell'assistenza e della medicina di base, il detto non sia attualizzato.
Per esempio così: "Mentre si cerca il posto letto, il malato muore".
Oppure: "Mentre si attende il turno per gli accertamenti, il malato muore"...
Maria Teresa Epifani Furno, poetessa
'E guaie d' 'a pignata
'e ssape 'a cucchiaia
I guai della pignata
li conosce il mestolo
Un proverbio tipicamente partenopeo, non per questo estendibile a culture diverse, italiane e straniere.
Estremamente chiaro nella sua enunciazione il proverbio vuol tradurre che i problemi (i guai) privati, personali o familiari, li conosce soltanto colui il quale li vive.
Perciò, fatta l'affermazione è chiaro anche l'intendimento: se qualcosa colpisce la sfera personale a conoscerne gli aspetti, le sfaccettature, le angolazioni ed i possibili sviluppi, sarà sempre e soltanto l'interessato, lasciando intendere il nocciolo della situazione: che i fatti privati appartengono esclusivamente a chi li vive.
Giuliana Gargiulo, giornalista
Ai voglia 'e vutta' rum:
'nu strunzo nun po' mai
addeventa' babà
Hai voglia di innaffiare di rum:
uno...str....
non può mai diventare babà
Questa detto richiama una tecnica di maestri pasticcieri, che tolgono dal forno i piccoli funghetti di pasta e li immergono in una vasca di acqua mescolata al rum, dove quelli si gonfiano come spugne e diventano finissimo e leggero dolce.
Ma spesso la vita contraddice il motto: perchè tanti uomini, fatti di evacuazioni e quindi destinati ad affondare, vengono invece tanto irrorati di liquore da salire al prestigio e al potere, galleggiando tutti stretti tra i loro simili e insieme sorreggendosi a vicenda: col risultato di spingere a fondo quegli uomini che sono i veri babà.
Max Vajro, giornalista
'E meglie parole
songo chelle ca nun se diceno;
'e meglie affare
songo chille ca nun se fanno
Le migliori parole
sono quelle che non si dicono;
i migliori affari
sono quelli che non si fanno
Quante volte avremmo voluto non dirlo, non avere risposto in tal modo "ah, se non l'avessi mai detto!...." e così, molto spesso, non aver concluso un affare, non aver subito le conseguenze di una firma messa nero su bianco con l'ottica della distanza risulta, un beneficio anziché un danno. Esistono altri detti che si rifanno al principio sopra indicato: "Chi parla poco, parla assaie; chi parla assaie, nun parla niente" come "ogni cosa vene, quanno adda venì"
Raimonda Gaetani, scenografa
'O vino bbuono
se venne senza frasca
Il vino buono si vende senza la frasca
E' un proverbio saggio che richiama l'attenzione su come non abbiano bisogno di fronzoli e di abbellimenti le cose già di per sé valide e consistenti. Rendere complesso ciò che è semplice procura disagio e difficoltà di valutazione e giudizio. Come se una donna, naturalmente bella, si ricopra di abiti sontuosi e di gioielli preziosi in tale quantità traboccante da distogliere l'attenzione dalla delicatezza dell'incarnato, dalla profondità dello sguardo, dalla sinuosità della figura. Oppure se un architetto abbellisce in maniera barocca e ridondante una casa, già situata in una posizione panoramica meravigliosa, offusca inutilmente la creazione naturale del paesaggio, creando spesso solo fastidio e perplessità.
Lasciamo quindi che le cose genuine e piacevoli si presentino nella loro essenzialità libera da ogni dipendenza di sovrastrutture, espressione di una realtà limpida, positiva e non ambigua. Mai come oggi c'è bisogno di chiarezza e non di giochi inutili, nebulosi e convenzionali.
Siamo presenti alla nostra vita come cantiere in costruzione non come spettacolo da osservare alla finestra, in questo modo avremo un comportamento fecondo anche se polveroso, e non sterile anche se può apparire pulito.
Cecilia Coppola, scrittrice
Nun esiste cosa cchiù pesante
de' 'na persona vacante
Non esiste una cosa più pesante
di una persona vuota
Chi è la persona vacante?
Quella intrinsicamente vuota, carente di contenuti e di valori, sfornita di capacità intellettive ed operative: colei che, latinamente, vacat, risultando del tutto priva di interiorità, al pari del Sallustiano ager vacuus frugum e della Pentameronica cocozza vacante.
Sta però in fatto che tale individuo - letteralmente vacante 'e capa - non accetterà mai la sua totale negatività: egli, riempito com'è di soli zifere 'e viento, ossia di vuoto e di nulla, si atteggerà ad uomo di sapienza, di senno e di saggezza, sputando banali sentenze, adducendo stolidi sofismi, sempre effondendo la più noiosa verbosità, rendendosi per conseguenza grave, assillante e fastidioso e configurandosi un autentico pesatura.
Dio ce ne scansi!
Renato de Falco, giornalista
Chi tene mala capa
adda tenè bbone ccosce
Chi tiene una testa..vuota
deve avere buone gambe
Nella quotidiana visita alla mia quasi novantenne mamma, nel riferire ciò che spesso mi capita, ho raccontato della distrazione nel partire da casa o dallo studio dimenticando qualcosa di necessario. Ho precisato come, il giorno primo (e non era la prima volta), avviandomi al parcheggio per prelevare l'auto, mi ero accorto che avevo dimenticato la chiave allo studio.
E mamma, aggiunse, subito: "Chi tene mala capa adda tenè bbone ccosce"!
Chi ha la testa vuota, perchè dimentica qualcosa di essenziale, deve sottoporsi allo sforzo fisico di ripetere il percorso e, quindi, dar prova di avere "buone" gambe, cioè averle resistenti. Forse gli atleti della maratona - come il sorrentino Giovanni Ruggiero, campione europeo e premiato dal Club Lions sorrentino del premio "Sorrento nel mondo" - prima di divenire campioni avranno commessi molti errori di dimenticanze e ripetuti più volte interi percorsi!
Rientrando nel serio, quando si incorre in distrazioni la semplice ripetizione di un...percorso è il minimo che si possa pagare, e....chi si contenta gode!
Giacchino facette 'a legge
e Giacchino fuie acciso
Gioacchino fece la legge
e Gioacchino fu ucciso
Il riferimento è a Gioacchino Murat, re di Napoli, cognato di Napoleone, passato alla storia come colui che "seppe vincere, seppe regnare, seppe morire". Nel 1815, per riconquistare il suo regno, caduto nelle mani dei soldati di Ferdinando IV di Borbone, egli si rifugiò a Ischia e di lì in Francia.
Nella successiva traversata dalla Corsica al Salernitano, una tempesta deviò la sua nave che approdò a Pizzo, in Calabria.
Intercettato dai gendarmi borbonici, fu arrestato e incarcerato nelle prigioni del castello.
Il 13 ottobre del 1815 fu fucilato, dopo un processo nel quale i giudici applicarono il codice penale promulgato dallo stesso Murat e che prevedeva la massima pena per i colpevoli di atti rivoluzionari.
Insolito un riferimento storico di tale portata in un proverbio!
Il proverbio, pur nella serietà dell'assunto, predilige forma leggera.
L'avvenimento di riferimento induce, comunque, a qualsiasi riflessione.
Gioacchino fu ucciso: aveva voluto una legge e ne fu vittima, pur essendo un potente.
"Tiempe bell' 'e 'na vota!"
Oggi, chi "tene 'e sante 'mparaviso" o "tene maniglie pe' tutt' 'e porte", ha buone probabilità di passare incolume tra le maglie delle regole che sono invece severissime per i comuni mortali.
Se è vero che "'O munno è chillo ca tiene 'ncape" molti, nel proprio mondo, troveranno mille conferme che esistono categorie privilegiate per le quali le norme sono fatte per essere violate impunemente.
Fatta la legge, truvato l'inganno
E' una legge non scritta che i privilegiati provvedono, con adeguati espedienti, a far rispettare, con l'assenso dei tanti ai quali l'esperienza ha insegnato che tanto nun ce sta niente 'a fa'.
Chi non ci sta, può anche tentare di andare contro corrente, ma deve ricordare che: "A verità è figlia d' 'o tiempo, tene 'e gamme longhe....ma...va sempe a summo".
Lasciamo agli opinionisti più accreditati le disquisizioni sui grandi temi, che certamente non mancano.
Per chi si diletta a viaggiare tra i proverbi, può bastare la ricognizione di esperienze personali e, certamente, in questo settore, non gli mancherà materiale.
Maria Teresa Morvillo, Direttrice Didattica
Fattello cu' chi è meglio 'e te
e fance 'e spese
Fattela con chi è migliore di te
e rimettici le spese
Più che un proverbio è un suggerimento per uno stile di vita che tenda verso l'alto, che aiuti a migliorare, ad imparare e ad acquisire, se non lo si sa, tutto quello che può servire a crescere, a conoscere, ad andare avanti.
"Fattello cu' chi è meglio 'e te e fance 'e spese" è un'espressione che somma saggezze antiche.
Colui il quale vuole crescere, migliorandosi, lo potrà fare meglio frequentando persone superiori a se stesso e confrontandosi con chi ne sa di più per cultura, saggezza, uso di mondo, educazione, disponibilità e così via.
Giuliana Gargiulo, giornalista
Dicette 'o pappece 'nfaccia 'a noce:
damme 'o tiempo ca' te sportoso
Disse il tarlo alla noce:
dammi il tempo che riuscirò a bucarti
Non si può non concordare con Aristotele quando dice "I proverbi sono frammenti dell'antica filosofia conservatisi fra molte rovine, grazie alla loro brevità e opportunità".
Ed è la brevità che ci permette di conservarli in memoria, mentre l'opportunità li tira fuori al momento opportuno.
Chi più chi meno, tutti abbiamo un patrimonio di saggezza in pillole, di cui non conosciamo provenienza o età, ma che spunta quando vogliamo riassumere in modo lapidario una riflessione o considerazione che richiederebbero un lungo discorso.
In genere su temi particolari c'è una concordanza di proverbi che, pure, si differenziano per lingua, per provenienza, per diffusione.
Ricchissimo il patrimonio dei proverbi di Napoli e della provincia.
Per esaltare la costanza e la perseveranza si può, ad esempio, citare 'o pappece, ma si può anche riferirsi al padre della filosofia spicciola perchè "'a carocchia a carocchia, pulecenelle accedette 'a mugliera" o attingere all'inesauribile repertorio della pazzia e ricordare che "Tanto che sbariajene 'e pazze 'nfin' a che menajeno 'o masturgiorgio int'o puzzo".
Siamo all'esaltazione del temporeggiare intelligente, della costanza che sorregge la volontà di raggiungere un fine importante, senza lasciarsi frenare dalle difficoltà.
Il controcanto è rappresentato da altri detti che privilegiano il fare presto.
Chi "tene 'a neva 'int'a sacca", pensa sia giusto che "chi ha tempo non aspetti tempo", ma dimentica che "a jatta pe' ghi' 'e presse, facette 'e figli cecati" e rischia come "'O riale 'e Berta 'a nepota: arapètte 'a cascia e le dette 'na noce".
Maria Teresa Morvillo, Direttrice Didattica
'O troppo deritto
more pe' mmano do' fesso
Il troppo dritto
muore per mano dello sciocco
Stupendo detto, che ha tanti riferimenti illustri.
Poichè la madre dei cretini è sempre incinta, l'uomo intelligente spesso cade in rovina a causa della negligenza, l'errore o la colpa di collaboratori incapaci.
L'uomo entusiasta, animoso e fiducioso, non teme e non si guarda intorno, ma si tiene fisso allo scopo che gli è caro, non rilegge i documenti che sottoscrive perchè è sicuro di coloro che glieli portano sul tavolo. E finisce, perciò, fatalmente, col perire.
Ma, perire per mano degli sciocchi non umilia chi ne resta vittima: sicchè egli rimane sempre più alto sulla moltitudine.
Max Vajro, giornalista
'E corne 'e mamma non so' tanto
'E corne da sore, so' corne 'e oro
'E corne 'da mugliera so' corne overe
Le corna della mamma non sono tanto
Le corna della sorella sono corna d'oro
Le corna della moglie sono corna vere
I proverbi hanno il saggio sapore dell'antico e molti giungono a noi attraverso la voce delle persone anziane che ci riportano a viaggiare a ritroso in una forma di storicità particolare e affascinante per l'uomo d'oggi, proiettato e coinvolto in una rete di comunicazioni e di informazioni sempre più frenetica.
Pebbe 'e Campuruone appartiene a quelle figure patriarcali che ci fanno rivivere divertenti considerazioni, come racconta la nuora Rosa Staiano quando la sera insieme ai figlioletti si sedeva accanto al suocero per ascoltare dalla sua voce storie e aneddoti del passato rimasti scolpiti nel cuore, il suo proverbio delle "corna" è molto sottile e delicato, e si riferisce alla famiglia e alla registrazione di amori non leciti, che investono il concetto di fedeltà non mantenuta a causa di trasgressione. L'onorabilità è da sempre considerata un patrimonio che la donna deve all'uomo e, se viene meno, graffia e ferisce l'orgoglio maschile a tal punto da procurare addirittura una disfatta psicologica.
La donna ha un patrimonio appetibile, "la sua bellezza", intesa non solo come apparente e materiale, ma anche come spirituale e simpaticamente accattivante. La donna è stata sempre considerata dal "maschio cacciatore" una delle prede più allettanti e tale caccia lo esalta ancora di più quando la conquista richiede un sottile corteggiamento e un'intesa sofisticamente segreta e subdola perchè l'oggetto delle sue brame appartiene ad un altro, il tradimento di una madre o di una sorella è considerato meno flagellante e più accettabile, ma quello dovuto alla colpa della moglie origina un conflitto grande e una reazione tremenda. E' una verità che scotta e opprime e che richiede anche vendetta e soddisfazione. Il maschio si sente ferito a morte, si ribella, si altera, si solleva giudice inesorabile, è un soldato pronto a combattere in prima linea...ma...a pensarci bene...le corna dell'uomo, e del marito in particolare, come si possono definire?
Cecilia Coppola, scrittrice
Cunsiglie 'e volpe
dannaggio 'e galline
Consigli di volpe
danni per le galline
Il machiavellico fine che, fuori dalla morale comune, giustifica i mezzi - sia pure illeciti - di cui il Principe si avvale nell'arte di governo elevando a valore di simbolo l'astuzia della volpe nel regno degli animali, trova la più ridanciana esemplificazione popolaresca in questo proverbio non dissimile al toscano "Quando la volpe predica, guardatevi, galline".
Qui, il tribolo dei duri di comprendonio, paragonati ai cervelli delle galline, appunto, sta ad indicare talune situazioni di disagio sociale causato dalla prevaricazione dei furbi di turno.
Il riferimento ai comportamenti degli animali domestici e selvatici, ispirato dalla familiarità e quasi convivenza delle persone umili con gli stessi animali, di bocca in bocca viene piegato ad emanare sentenze proverbiali di allerta o di protesta contro il dilagante malcostume fraudolento.
La presenza di una siffatta tradizione favolistica, infatti, in ogni tempo assai sentita (vedi la letteratura greca con Esopo, quella latina con Fedro, quella in dialetto romanesco con Trilussa, quella inglese con Orwell, etc.), snocciola e ben rende con evidente semplicità l'amara realtà: incontro e scontro di prepotenti astuti con i deboli di mezzi e di...cervello!
Maria Teresa Epifani Furno, poetessa
Quanno è giunta ll'ora
se trovano 'e sante surde
e 'e miedice cecati
Quando è giunta l'ora
si trovano i santi sordi
ed i medici ciechi
La saggezza popolare - come conferma l'adagio in esame - è stata sempre improntata ad una scarsa propensione nei confronti della disponibilità del prossimo.
Se un proverbio napoletano insegna che carcere e malatie fanno conoscere l'amice (proprio perchè non è scontato che si pratichino abitualmente due remote "opere di misericordia corporale" consistenti nel visitare carcerati ed infermi), quello in esame, con più amaro e disincantato fatalismo, rimarca che non ci si deve illudere di poter contare sull'aiuto di Santi o di medici quando gli stessi non vogliono o non possono intervenire.
Un Santo sordo non è in grado di recepire richieste di soccorso, così come un medico cieco è destituito di ogni attitudine diagnostica e terapeutica....
La morale? Solo quella di affidarsi, nei casi oggi definiti "estremi", alla meridionalissima strategia della sopravvivenza: e di contare unicamente su di essa!
Renato de Falco, giornalista
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