La penisola sorrentina si bagna nel mare, dopo essersi rivestita del manto di aranceti ed uliveti delle colline che ne delimitano i confini. Un piccolo paradiso dove il vento del Sud soffia nell'alito della risacca, nell'abbraccio delle rocce al mare, in un risucchio d 'hnmagini calde e solari. Non è facile trovare un paesaggio più bello, dimora, lungo le strade del tempo, delle sirene che con il loro canto facevano fiorire, ad ogni prinlavera, la costa di trasparenze luminose e la popolavano di voli di gabbiani.
La sua gente viveva nel passato a contatto diretto con una natura rigogliosa e non avara, che prodigava a piene mani i suoi frutti a chi dedicava tempo e lavoro alla cura dei giardini e alla pesca. Anche il cibo assunleva un significato particolare, nostalgico, per la fragranza dei prodotti che si trasformavano in cucina, quasi per volontà di un sortilegio straordinario, in pietanze profunlate, allettanti, che inlprigionavano l'effluvio dei fiori degli aranceti e gli odori intensi del mare. Le pietanze erano infatti legate alle antiche tradizioni agricole dei giardini di aranci, di limoni, degli orti, e alle tradizioni marinare che spinsero i primi ristoratori a servirsi di questo patrirnonio naturale per il gusto di una sana, genuina, gradevole cucina.
Bisogna dunque tornare indietro nel tempo, sfogliare il libro del nostro passato gastronomico per scoprire come la collina e il mare abbiano fornito gli ingredienti necessari per una cucina essenziale. Olio, farina, ortaggi, pesce e acqua costituivano gli elementi base delle pietanze.
Olio prodotto dalla coltivazione degli ulivi della zona elevata, farina ricavata dal grano piantato nella stessa fascia, dove i contadini con il sacco colmo di senli, attaccato alla vita, gettavano nei solchi il futuro raccolto, ortaggi resi più gustosi dal sole, pesce guizzante pescato nelle notti serene, acque fresche e linlpide che rendevano più buono ciò che si cucinava. La carne si mangiava raramente, una volta alla settimana, gli ortaggi ed i legumi fornivano al suo posto le proteine.
Gli agricoltori non solo si dedicavano alla coltivazione degli aranci e dei limoni, ma anche a quella dell'orto, che serviva per il sostentamento della famiglia. Una vita colma di fatica e di soddisfazioni quando a tavola, tutti riuniti, gustavano le pietanze che le mamme, le sorelle o le nonne avevano preparato in cucina. Il pranzo era un rito, il capofamiglia benediceva le vivande e poi assegnava il cibo a ciascun componente.
Ricette storiche:
LIQUORE di LIMO
Ingredienti: sette limo, un grammo di vaniglia, mezzo litro di acqua e mezzo chilo di zucchero, un litro d'alcool
Sbucciare i limi appena colti, lavati ed asciugati precdentemente. Lasciare le bucce in infusione nell'alcool per una settimana, aggiungendo la vaniglia. Dopo togliere le bucce e filtrare, aggiungere uno sciroppo fatto con lo zucchero e l'acqua riscaldata. Far raffreddare e unire il tutto, lasciarlo maturare per tre mesi.
LIQUORE la LUIGIA
Ingredienti: cento foglie di erba cedrina appena colte, un litro di alcool, mezzo chilo di zucchero, mezzo litro d'acqua, due chiodi di garofano
Lavare le foglie di cedrina, farle macerare per una settimana nell'alcool, aggiungere come aroma due chiodi di garofano. Preparare lo sciroppo con l'acqua e lo zucchero e unire il tutto. Filtrare e lasciar maturare per tre mesi.
Testo tratto dal libro "C'era una volta ... un vecchio focolare" di Cecilia Coppola
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