"Sorrento città dov'io nacqui"

Il poeta Torquato Tasso (1511-1595), l'autore de "La Gerusalemme Liberata", ricordò così le sue origini durante la sua lunga permanenza alla corte del duca di Ferrara, Alfonso II D'Este.
Nessuna concessione all'enfasi. Oggi come ieri, quando si pronuncia semplicemente il nome di Sorrento, si ha la certezza di aver menzionato un luogo dove il bello si sovrappone al bello. Qui, ogni anno, si registrano circa due milioni e mezzo di presenze turistiche in più di cento alberghi: chi non conosce questa città?
Qualcuno ha detto: "Sorrento è una finestra aperta sul mondo". La tradizione dell'ospitalità è una regola applicata ogni giorno non solo nelle strutture ricettive, ma anche nella tradizionale ospitalità riservata ai visitatori. Nell'800 Sorrento diventò una delle tappe predilette del Grand Tour per i più grandi personaggi della nobiltà e della cultura d'Europa. Poeti, romanzieri, musicisti, pittori, scrittori, storici e, persino, fotografi e registi hanno celebrato Sorrento e la Costiera sorrentino-amalfitana oppure l'hanno scelta per soggiorni indimenticabili: Alfonse de Lamartine, Johan Wolfang Goethe, Henrik Ibsen (che qui scrisse "La casa degli Spettri"), Gorge Gordobn Byron, Sybil Fitzgerald, Marion Crawford, Charles Dickens, Helman Melville, Fredrich Nitzche, Axel Munthe oppure gli italiani Giacomo Casanova, Gabriele D'Annunzio, Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Enrico Caruso, Salvatore Quasimodo, i fratelli Alinari.
Il fascino della costiera sorrentino-amalfitana è nel pregio della sua atmosfera accogliente, quell'indefinibile atmosfera radicata nelle caratteristiche del territorio e nella cultura della sua gente. Lo scrittore Norman Douglas ha saputo racchiudere l'essenza di un viaggio o di un soggiorno in penisola sorrentina con espressioni mirabili. "No, proprio non si potrebbe biasimare che volesse trascorrere un breve periodo di Katarsis, di purificazione e risanamento qui, su queste odorose colline delle Sirene, tanto lontane dal richiamo del dovere, quel dovere che è diventato il Moloch della vita moderna". (Da "La Terra delle Sirene", ESI, 1972).
Alle fortune turistiche di Sorrento ha contribuito la felice posizione geografica, ideale per una vacanza diversificata di escursioni artistiche, culturali e mondane. La città dista 257 km.da Roma, 48 da Napoli, 39 da Ercolano, 28 da Pompei, 47 dal Vesuvio, 74 da Caserta. Le vie del mare consentono rapide escursioni nei golfi di Napoli e Salerno, verso le isole di Capri ed Ischia.
E' impossibile narrare la storia di Sorrento con la pretesa di racchiudere in poche pagine tutti gli avvenimenti che si no succeduti dall'epoca dei Greci e dei Romani. Si può, invece, cercare di rendere l'identità di questa città concentrando l'attenzione su talune caratteristiche della sua storia e seguendo il filo conduttore di determinati luoghi per risalire all'anima di una civiltà.
Interessante in tal senso è l'itinerario che, partendo dalla Piazza Tasso intitolata al sommo poeta, invita ad una passeggiata in via San Cesareo, una delle strade più antiche del centro storico.

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Il Sedil Dominova in via San Cesareo
Via Cesareo era la parte iniziale del Decumano Maggiore in epoca romana. Oggi è una delle strade parallele al Corso Italia. Sulla sua denominazione esiste un'ipotesi fantasiosa, tutta da provare, che la ricondurrebbe al mitico condottiero Cesareo Console.
Lungo questa via sorsero le residenze patrizie di maggior prestigio, fino a quando l'apertura del Corso Duomo, l'attuale Corso Italia, trasferì sulla nuova strada, più ampia e moderna, gran parte del prestigio dell'antica via San Cesareo.
Qui, nel cuore di Sorrento, il monumentale edificio del Sedil Dominova (che si affaccia sul largo detto "schizzariello" con riferimento ad una fontana dalla quale "schizzava" continuamente acqua) che fu sede di una parte della nobiltà sorrentina, reca in bella vista sulla parte frontale la targa: "Società Operaia di Mutuo Soccorso". L'iscrizione ricorda ai sorrentini e ai visitatori della città che dal 1877 l'edificio, dopo essere stato frequentato dalla nobiltà cittadina, ospita un'associazione fondata per garantire ai lavoratori le prime forme di mutualismo, anticipatrici del sistema delle assicurazioni sociali e del Welfare State.
Tra i luoghi più significativi per comprendere e recepire l'anima più autentica del popolo di una città, meritano interesse quelli dove si riuniva il suo popolo. E' questa caratteristica a rendere interessante, a Sorrento, una passeggiata in via San Cesareo fino il Sedil Dominova: edificio di grande importanza non solo per la storia della città, ma anche perché è il solo superstite degli antichi sedili nobiliari di tutta la Campania, essendo stati distrutti quelli di Napoli.
Via San Cesareo è la strada dei Sedili di Sorrento. Quando s'imbocca questa strada partendo dalla Piazza Tasso, c'è alla sinistra l'edificio (oggi profondamente trasformato rispetto alle origini) designato come primo luogo di riunione politica per i nobili della città: il Sedile di Porta.
Al Sedil Dominova, costruito nel XIV secolo, sono legate pagine importanti della storia di Sorrento: quella del suo popolo, quella della sua gente. La sua realizzazione fu dovuta alle lotte fratricide tra i nobili. Si ricordano, in particolare, i sanguinosi fatti del gennaio 1319 nel cortile di casa Mastrogiudice. Molti patrizi, per vecchie inimicizie sorte a causa dell'amministrazione della città, vennero alle armi. Ben presto ad essi si unirono parenti e servitori. Per sedare la rissa, dovette scendere tra i contendenti il vescovo Riccardo: vestito con i paramenti sacri, in alto la croce, il vescovo pose fine ad una battaglia costellata di morti e feriti.
Dopo questo grave evento, le famiglie patrizie, che fino ad allora facevano tutte parte del Sedile di Porta per l'amministrazione della città (con un governatore), decisero che era necessaria la scissione. I nobili residenti nella parte occidentale di Sorrento fecero erigere il monumentale edificio in cui riunirsi separatamente, che fu detto Domus Nova e poi Dominova. Vi confluirono le famiglie patrizie Vulcano, Mastrogiudice, Sersale, Capace, Nobilione, Molisano, Donnorso, Boccia, Orefice, Marziale, Cortese, Teodoro, Carlino, Spasiano.
Nel 1877, quando fu fondata la Società Operaia, il Sedil Dominova è diventato la sede del sodalizio destinato alle attività mutualistiche per i lavoratori di Sorrento.
Il Sedile di Porta, ricostruito nel 1506, ha perduto nel corso dei secoli gli antichi caratteri. Oggi al suo posto vi è un edificio ben diverso, all'inizio del Corso Italia, dove è ospitato il Circolo Sorrentino fondato nel 1874.
Il Sedil Dominova, invece, è rimasto sostanzialmente inalterato nella sua struttura quattrocentesca: due lati aperti all'esterno da grandi arcate a tutto sesto in piperno, i capitelli arcaicizzanti. La cupola, rivestita con tipiche "riggiole" maiolicate, è di epoca successiva: un'opera eseguita nel XVIII secolo dal "Rigiolaro Chiajese della città di Napoli".
Le pareti della sala esterna sono affrescate con motivi che s'avvicinano alla scuola del pittore sorrentino Carlo Amalfi. L'accostamento è suggerito dalla somiglianza di alcuni lavori del Sacro Real Consiglio a Castel Capuano in Napoli, eseguiti nel'700 dallo stesso pittore, con quelli del Sedil Dominova. Le architetture simboliche, su cui emergono angeli, puttini e corone, riconducono agli affreschi di Carlo Amalfi. Notevole è, in particolare, lo stemma della città di Sorrento che sormonta l'ingresso alla sala interna. Gli affreschi furono sicuramente eseguiti nel'700 , in quanto vi è traccia del pagamento di 52 ducati al pittore ornamentale Gaetano Petagna per il restauro nella parte interiore della cupola (anno 1803).

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La Società Operaia
La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Sorrento, sempre ospitata in tutta la storia nel Sedil Dominova, fu fondata l'8 luglio 1877.
Nel 2002 il sodalizio ha festeggiato il 125.mo anniversario con varie iniziative, tra cui la pubblicazione del volume "Un ente, una città". Il libro, oltre a salvare dall'oblìo carteggi inediti dell'ente (verbali delle riunioni dei consigli di amministrazione e delle assemblee generali dei soci) è stato molto apprezzato dai sorrentini perché ha dimostrato documenti alla mano il ruolo significativo nella storia più autentica della città: la storia del popolo di Sorrento, la storia delle classi lavoratrici.
Un ente, una città. Sì, perché dalle vicende della Società Operaia emerge il loro costante intrecciarsi con la realtà circostante. I documenti dell'archivio sociale, i verbali delle assemblee generali, la corrispondenza e ogni altro carteggio contribuiscono a rinvenire segmenti della vita e della cultura del popolo sorrentino.
La storia di Sorrento non è fatta soltanto di chiese e monumenti, miti e leggende, bellezze naturali, paesaggi mozzafiato, canzoni e visitatori illustri. Nel Sedil Dominova sono state compiute scelte concrete per il destino di Sorrento sia all'epoca in cui esso era il luogo di riunione per una parte della nobiltà per amministrare la città, sia nei tempi in cui, a partire dal 1877, esso è diventato la sede del sodalizio operaio.
L'epoca della fondazione della Società Operaia, ad esempio, coincide con il panorama della realtà economica della città dove, dal 1830, cominciò a lievitare l'impiego di tanti lavoratori nel settore della tarsia in legno. La stessa struttura dell'ente ha sempre vantato tra gli iscritti, fino al secondo dopoguerra, un considerevole numero di artigiani e operai dell'intarsio, insieme ad esponenti di varie arti e mestieri: il settore della coltivazione di arance e limoni, le attività marinaresche, i primi passi dello sviluppo della attività turistico-alberghiere. Il primo statuto della Società Operaia Centrale di Sorrento (denominazione iniziale) ammetteva l'iscrizione: "Soci operai, e cioè operai, coloni, marinai, nostromi, braccianti, artisti, nonché capitani di piccolo cabotaggio, industrianti con magazzini in piazza". La testimonianza rinvenibile in tale documento è preziosa perché contribuisce oggi ad offrire il quadro delle attività lavorative più diffuse alla fine dell'800.


Il settore della tarsia in legno
All'epoca della fondazione della Società Operaia il turismo muoveva i primi passi, non era ancora l'attività economica preminente nella Terra delle Sirene. Il settore in fase di espansione, sia pure tra una congiuntura e l'altra, era quello della tarsia in legno.
Tanto è confermato dalle numerose iniziative che, ai tempi delle sue origini, la Società Operaia avviò in favore di artigiani e operai dell'intarsio, a cominciare dalla Scuola di Disegno che anticipò la fondazione, nel 1886, della Real Scuola d'Arte (oggi Istituto Statale d'Arte) in cui ebbe un ruolo decisivo Francesco Grandi, ex garibaldino e socio.
Documenti dei secoli XVI e XVII attestano l'attiva presenza di maestri sorrentini nell'esecuzione di interni lignei per cori di chiese napoletane e di mobilio per palazzi patrizi: ciò autorizza a postulare una marginale presenza dell'artigianato dell'intarsio, almeno come attività tramandata di padre in figlio.
Soltanto all'inizio dell'800, però, si possono rinvenire a Sorrento le tracce di una vera e propria industria dell'ebanisteria e della tarsia.
Nel 1825 l'artigiano Antonio Damora fu chiamato da Francesco I di Borbone per collaborare al restauro del mobilio del Palazzo Reale. Damora perfezionò non solo le sue cognizioni di stipetteria, ma la pratica stessa di tarsia e contorno con taglio dritto a due colori, senza rilievi, attraverso il solo aiuto di qualche segno riempito di stucco come nel graffito. Damora impiantò a Sorrento le prime botteghe dell'intarsio che, tra l'altro, sorsero proprio in Via Cesareo (dove c'è il Sedil Dominova, sede della Società Operaia) e negli altri vicoli del centro storico. Cornici, scatole, piccola stipetteria e gli altri oggetti tipici della tarsia sorrentina erano eseguiti in legno d'ulivo, arancio e limone sul modello di quelli prodotti a Nizza e di larga diffusione in Europa: le decorazioni s'ispiravano a figure e paesaggi di Pompei ed Ercolano.
Dal 1840 al 1850, nel centro storico, spuntarono decine di piccole botteghe dell'artigianato con maestri ed apprendisti, mentre il prevalere in Europa del gusto romantico portò a sostituire le decorazioni neoclassiche con motivi suggeriti dalla contemporanea raccolta di costumi napoletani dell'artista Filippo Palazzi. Inoltre, dal 1863, alcuni operai nizzardi portarono a Sorrento il taglio obliquo, che rendeva le connessioni più strette, introducendo però anche la pratica della "ricacciatura", cioè i ritocchi con l'inchiostro di china dei particolari raffigurativi sui coperchi delle scatole, fissando il tutto con vernice a tampone. Tanto permetteva notevole risparmio di tempo e promuoveva una certa serializzazione dei prodotti alla quale si accompagnò l'egemonia tecnica ed economica delle prime dinastie i artigiani dell'intarsio, come i Gargiulo, i Gradville, i Fiorentino, molto abili nel coniugare una produzione a buon livello con il contributo artistico individuale. Gli alti e bassi del mercato della tarsia hanno lasciato traccia in taluni eventi tramandati nella tradizione cittadina e, per quanto possibile, la Società Operaia contribuì ad assicurare livelli minimi di sussistenza agli ebanisti e alle loro famiglie. In questa realtà socio-economica della città, in cui lievitava il settore dell'intarsio, sopraggiunse la fondazione nel 1886 della Real Scuola d'Arte di Sorrento.


Il presidente-sindaco
Il Sedil Dominova è stato tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 il luogo in cui sono state compite scelte importanti per il futuro delle classi lavoratrici e di tutta la città.
Il ruolo propositivo ed attivo della Società Operaio, in questo periodo, lievitò con il contributo di Guglielmo Tramontano, dei suoi più stretti collaboratori e di tanti soci animati dalla fiducia nei valori della mutualità e della cooperazione tra i lavoratori.
La presidenza Tramontano (1892-1908) portò un salto di qualità nell'andamento delle attività sociali. Gli scopi previdenziali del sodalizio non furono più ostacolati dalle difficoltà organizzative e dalle incomprensioni dei tempi delle origini. Il Consiglio Direttivo funzionava con regolarità. L'erogazione dei sussidi per malattia e infortuni (una lira al giorno per 60 giorni) era puntuale e contribuiva ad attenuare le pene della classe operaia della città. Le iniziative per l'incremento della Cassa Vecchiaia consentivano di assicurare puntualmente la pensione in favore dei soci aventi diritto. Fatti importanti perché la Società Operaia è stato uno dei pochi sodalizi della storia mutualistica d'Italia ad aver realizzato fino al secondo dopoguerra gli scopi previdenziali.
Innegabile è l'importanza del presidente Tramontano, che oltre a guidare il sodalizio, diventò nel marzo del 1900 anche sindaco di Sorrento. Nel duplice ruolo egli finì per incidere in maniera positiva e determinante sulle vicende interne della Società Operaia e su quelle (sociali e politiche) dell'intera città di Sorrento. Tramontano era un albergatore e la sua figura rappresenta pure il grande esempio di quella fortunata evoluzione nelle attività produttive di Sorrento verso il primato del settore turistico-alberghiero. Nella veste di sindaco dal 1900 al 1909 Tramontano riuscì a realizzare significativi miglioramenti nell'immagine, nelle strutture e nei servizi del paese, come nei casi delle forniture idriche ed elettriche, che consentirono nel contempo di offrire soggiorni più confortevoli ed adeguati alla domanda turistica.
"A Sorrento ? riferiva nel maggio 1909 un reportage del quotidiano Il Mattino di Napoli, ispirato ad una visione della città da parte dei visitatori - non esistono poveri perché l'amministrazione municipale, in accordo con altri enti, provvede al loro ricovero nell'Ospizio di Sant'Antonio?Illuminata a luce elettrica, innaffiata continuamente, provveduta di comunicazioni con tutta la penisola, Sorrento ha un fiorente Circolo (il Circolo dei Forestieri, in via Luigi De Maio) che accoglie squisitamente i suoi ospiti, due cinematografi, un teatro all'aperto, simpatico nella sua semplicità, freschissimo perché prossimo al mare, che è gestito accortamente e dove si dà convegno serotinamente l'eletta colonia villeggiante".
La città si presentava finalmente adeguata alle esigenze dei suoi due grandi alberghi, l'Imperial Tramontano (di proprietà del presidente-sindaco) e l'Excelsior Vittoria, ai quali va tuttora riconosciuto il loro ruolo trainante svolto tra la fine dell'800 e l'inizio del ?900 nella crescita del settore turistico in Costiera. Nel libro d'oro di queste strutture ricettive rifulgevano tra gli ospiti grandi nomi della nobiltà e dei regnati dell'epoca. All'inizio del XX secolo, negli anni della Belle Epoque, Sorrento era già pronta a rivaleggiare, grazie al prestigio dei suoi due prestigiosi alberghi e all'opera del sindaco Tramontano, con le più famose località turistiche italiane.
E' giusto ricordare, tra l'altro, che il presidente-sindaco era proprietario del Grand Hotel Tramontano e ha legato il suo nome al mito della canzone "Torna a Surriento". La celebre melodia, composta dai fratelli De Curtis nel 1894, cominciò il suo fortunato destino di successo in tutto il mondo il 15 settembre 1902, quando fu eseguita (sia pure in una versione diversa rispetto a quella in cui era già cantata) in omaggio ad un ospite importante della città e dell'albergo: l'onorevole Giuseppe Zanardelli, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d'Italia.


Il ricchissimo Astor
Il Sedil Dominova fu frequentato tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 dal finanziere William Waldorf Astor, il quale fu molto vicino alle attività della Società Operaia, durante la sua lunga permanenza in Costiera, come è ricordato tuttora da una lapide situata nella sala interna. La lapide, scritta in latina dallo studioso Enrico Cocchia, testimonia la donazione fatta da Astor: "Il Commendator William Waldorf Astor, nostro socio benemerito, donò a favore della Cassa vecchia di questo sodalizio operaio la cospicua somma di Franchi 25mila. Per tanta munificentissima offerta la Società Operaia a perenne memoria vi appone una lapide, ricordando con essa la data del gran dono ricevuto il 27 aprile 1909, per cui questo sodalizio ha compiuto un passo avanti di cinquant'anni".
La lapide è ancora lì e la benevolenza di Astor resta uno degli eventi più ricorrenti nei racconti dei soci e di tutti i sorrentini.
La lunga permanenza di Astor in Costiera risulta evidenziata anche dall'acquisto di alcune proprietà immobiliari, tra cui la villa costruita dal barone calabrese Giovanni Labonia di Bocchigliero in parte dei luoghi dove sorgeva l'ex monastero "Caserma del Gesù, in Sorrento, via Marina Grande 5". L'immobile ebbe come ospite il filosofo Benedetto Croce durante la seconda guerra mondiale. Dopo la morte di Astor, un suo erede vendette a un giavanese e, in seguito, questa villa affacciata sul mare (con il giardino) è diventata la residenza dell'armatore Mariano Pane.
In Costiera Astor arrivò con il titolo di ambasciatore presso il Consolato degli Stati Uniti, istituito a Sant'Agnello nel 1894. In seguito, il ricco finanziere soggiornò a Sorrento per almeno sei mesi all'anno. Come emerge dagli atti della Società Operaia, Astor frequentava la sede e intratteneva rapporti cordiali con i soci operai a dispetto della sua immensa ricchezza. Era grande amico del presidente-sindaco Tramontano.
William Waldorf Astor era discendente di una ricchissima famiglia di origine tedesca che aveva accumulato grandi fortune in America.
Il bisnonno di John Jacob I, fondatore della dinastia Astor, era un macellaio emigrato dalla cittadina di Waldorf (Germania) negli Stati Uniti nel 1783. La sua fortuna nacque dal commercio delle pelli, ma egli ottenne il vero successo grazie alla sua passione per la terra. Casualmente, durante una conversazione confidenziale con un avvocato americano, fu colpito dall'affermazione che più di 50.000 acri di terra di Putnam Country a New York non erano di proprietà dei contadini che vi risiedevano, dopo averli comprati dalla stato americano. Negli anni precedenti, infatti, quei terreni erano stati dati in affitto vita natural durante al tory Roger Morris al quale erano stati confiscati dalla città di New York. Secondo l'avvocato, il problema era costituito dall'illegalità della prassi seguita, in quanto non era possibile confiscare un'affittanza.
John Jacob Astor si recò in Inghilterra, dove risiedevano tutti gli eredi Morris, e comprò i terreni di Putnam Country. Quandi, rientrato a New York, notificò l'acquisto alle settecento famiglie di contadini, intimando di lasciare liberi i terreni comparti illegalmente. L'aspra battaglia legale si concluse con il parziale riconoscimento della tesi di J.J. Astor I che, grazie alla crisi finanziaria del 1837, riuscì ad accaparrarsi a prezzo conveniente le fattorie indebitate dell'isola di Manhattan.
In seguito al grande sviluppo della città di New York, il valore di quei terreni si moltiplicò e il capostipite degli Astor diventò l'uomo più ricco d'America fino alla morte, avvenuta nel 1848.
Anche il padre di W.W. Astor, John Jacob II (figlio di W. Backhouse), oltre ad essere grande filantropo che fece cospicue donazioni al Metropolitan Museum of Art, seppe gestire il patrimonio di famiglia portandone il valore a sfiorare i 100 milioni di dollari. Tra l'altro, partecipò alla guerra civile americana e, durante il conflitto con la Spagna del 1898, si fece nominare colonnello, finanziò l'equipaggiamento completo di una batteria d'artiglieria e mise a disposizione della flotta il suo yacht Nourmahal.
W.W. Astor, contrariamente alla parsimonia del padre J. Jacob II, non s'accontentò del primato in fatto di ricchezza: ottenne persino una patente di nobiltà acquisendo in Inghilterra il titolo di Visconte di Hever Castle. Egli s'imbarcò per l'Europa nel 1882, giunse a Roma e, secondo i racconti del nipote Michael, dal momento in cui mise piede in Italia cambiò radicalmente il suo comportamento assumendo atteggiamenti a metà strada tra l'imperatore romano e il barone medioevale inglese. Cominciò a collezionare antiche sculture medioevali e rinascimentali, opere di grandi maestri. Entrò in contatto con molti artisti, prese lezioni di scultura da W.W. Story, approfondì le sue conoscenze di storia. Pubblicò addirittura due novelle e un libro di brevi racconti e, quando si trasferì in Inghilterra nel 1890, acquistò il controllo di un giornale e di molte riviste. Fondò la rivista Pall Magazine allo scopo di evidenziare le sue capacità letterarie che non erano emerse nelle novelle scritte in Italia. Le sue proprietà in Gran Bretagna, Cliveden (già appartenuta al duca di Westminster e al duca di Buckingham, acquistata per sei milioni di dollari nel 1893), e Hever Castle, erano residenze opulente dove egli era solito offrire intrattenimenti stravaganti.
La bella vicenda dei rapporti tra i lavoratori della Società Operaia di Sorrento e il ricchissimo W.W. Astor testimonia la realtà di una città in cui l'accoglienza ai visitatori cominciava a diventare, tra la fine dell'800 e l'inizio del ?900, uno degli elementi fondamentali delle sue fortune turistiche. La donazione del finanziere americano all'ente mutualistico non rappresentò l'ammissione dell'ambigua figura del socio protettore: Astor era uno straniero dalla ricchezza immensa, il suo dono fu disinteressato. A Sorrento, peraltro, Astor è ricordato per altre donazioni da 25mila lire cadauna: all'amministrazione comunale, all'Opsizio dei Poveri di Sant'Antonio, alla Real Scuola d'Arte.


I tempi difficili per l'ente e per la città
Il Sedil Dominova, attraverso l'ospitalità alla Società Operaia, rimase al centro di tante vicende della città di Sorrento anche dopo la presidenza Tramontano.
Gli ambiziosi progetti dell'ente mutualistico, però, s'infransero contro la galoppante crisi economica che precedette l'inizio della prima guerra mondiale, come testimonia il sussidio di lire 102,50, inviato da New York nel 1914, dagli emigranti Alfonso Miccio, Antonino Cappiello e Luigi Di Paolo, in favore dei concittadini alle prese con la disoccupazione. Il sodalizio s'adoperò per alleviare i disagi dei soci e della popolazione con la partecipazione alle iniziative di beneficenza per il Natale 1914, insieme al Comune, alla Congrega di Carità, al Circolo Commerciale. Tempi difficili se è vero che, per sostenere la battaglia per la sussistenza delle classi meno abbienti, si dovette ricorrere alla soluzione d'emergenza delle cucine economiche (1915).
L'ente e la città dovettero affrontare in seguito momenti ancora più difficili. Le avvisaglie di nuove sofferenze arrivarono a metà del 1915 con i primi richiamati alle armi e, in qualche caso, con "la morte per la patria" per i soci e i sorrentini partiti per il fronte di guerra.
Intanto, all'interno dell'ente, maturavano i sintomi di una crisi lacerante a livello amministrativo, sfociata nelle dimissioni in massa del Consiglio Direttivo nella seduta del 5 maggio 1916. La Società Operaia rimase in vita perché la voglia di andare avanti sulla strada degli scopi mutualistici partì dalla base, e cioè dai soci riuniti nell'Assembela Generale con la decisione di attribuire il mandato in bianco al socio Carmine Lauro, vice presidente con funzioni di reggente. Lo spirito di sacrificio della compagine sociale nel suo complesso consentì un fatto straordinario: l'ente mutualistico continuò a pagare i sussidi e a corrispondere le pensioni ai soci aventi diritto "nella ristrettezze economiche dei tempi anormali del periodo bellico".
I primi decenni del ?900, per l'ente e per la città, sono passati alla storia anche per l'affacciarsi in Costiera delle ideologie socialiste attraverso la figura di Lelio Cappiello, consigliere della Società Operaia e sindaco di Sorrento in diversi periodi.
Lelio Cappiello era un avvocato e della professione forense mostrò i tratti dell'eloquenza e del puntiglio con cui riusciva a superare gli ostacoli, pratici e dialettici, causati dalla difficoltà dei tempi. Sin dalla gioventù brillò per la sua attività nelle file del partito socialista. E, nel 1907, quando s'iscrisse appena ventenne nei ruoli dell'ente mutualistico, fu presto in grado di influire in maniera importante sulle scelte del sodalizio. Cappiello fu anche direttore de "La Fionda", il periodico socialista pubblicato in penisola sorrentina a cadenza bisettimanale all'inizio del ?900: egli stesso dedicò molti articoli alle attività della Società Operaia e ai problemi della classi lavoratrici. La sua presenza, all'interno della Società Operaia e alla guida della città, risultò preziosa negli anni precedenti e successivi alla prima guerra mondiale. Cappiello fu un esponente fondamentale del dopo Tramontano e, tra l'altro, ha contribuito alla vita politica della città sino agli anni '70 come consigliere comunale. E' difficile non provare ammirazione per Lelio Cappiello, sempre coraggioso nelle sue scelte. Vantava di non venire mai meno alle sue idee. Diede prova della sua coerenza quando Mussolini effettuò, il 17 settembre 1924, una visita ufficiale a Sorrento, planando con un idrovolante nelle acque Marina Piccola. Lelio Cappiello, socialista, non partecipò alla cerimonia d'accoglienza al Duce con la seguente motivazione: "Il sindaco è impegnato in altra sede".


Il periodo tra le due guerre
Il periodo tra le due guerre ebbe due facce. La prima fase in cui la Società Operaia e la città s'avviarono sulla strada di una confortante ripresa finanziaria. Quella successiva in cui dovettero fare i conti con l'onda lunga della Grande Crisi economica del 1929 e con la volontà di Mussolini e del regime fascista di estendere in tutta Italia il controllo su ogni forma di aggregazione sociale dei cittadini. In tutto il periodo fu ancora Carmine Lauro, eletto presidente con le votazioni del 1920, a traghettare l'ente da una guerra all'altra.
Nella prima fase di questo periodo storico avvenne un fatto eccezionale: all'inizio del 1918 la Società Operaia estese i suoi interventi, in favore dei soci lavoratori, con l'istituzione per circa due anni di una Cooperativa di Consumi. Anche in questo caso si può dire che poche società mutualistiche d'Italia sono riuscite, nella loro storia, a realizzare simile obiettivo, specialmente nei momenti anormali dovuti alla guerra.
La Società Opearaia di Sorrento giunse con la possibilità di vantare una confortante ripresa delle sue attività previdenziali ai festeggiamenti del 50.mo anniversario della fondazione, celebrati di fatto nel 1926, mentre si sarebbero dovuti tenere l'anno successivo.
L'ultimo momento di entusiasmo collettivo fu costituito nel 1928 dal famoso scambio di cortesie con Benito Mussolini: il dono (una cornice intarsiata) consegnato a Roma dal presidente Lauro al Duce del fascismo, che inviò, a sua volta, un vaglia di diecimila lire da devolvere alla Cassa vecchiaia a beneficio dei soci pensionati.
La svolta verso la fase difficile del sodalizio si ebbe all'inizio del 1933 con il taglio di circa un terzo delle spese, dovuto al "numero rilevante di soci morosi e da cancellare".
Questa situazione fu il termometro dei problemi avvertiti in tutta la città tra gli effetti della Grande Crisi, la disoccupazione e il fallimento della Banca Astarita in cui molti emigranti, rientrati dagli Stati Uniti, avevano investito i loro risparmi.
Mentre i disagi finanziari continuarono a lievitare, la Società Operaia avvertì sempre più la pressione del regime fascista, che tendeva ad estendere gli interventi mirati al controllo di tutte le forme di aggregazione spontanea nella società civile. Fatti sintomatici di questa realtà: l'intimazione verbale di sfratto dal Sedil Dominova (scongiurata nel 1938), il rischio dello scioglimento determinato dall'ordine governativo di convogliare i vessilli (nazionale e sociale) all'Ente Nazionale della Corporazione di Napoli (1939). Inoltre, la Circolare delle Mutue volontarie del novembre 1939, che consigliava di evitare qualsiasi adunanza. Di fronte a quest'ultimo provvedimento, la Società Operaia fu costretta a non convocare più l'Assemblea Generale dei soci.
Il presidente Carmine Lauro e il Consiglio Direttivo dovettero amministrare il sodalizio con pieni poteri, in una situazione di continua emergenza.

Il secondo dopoguerra

La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Sorrento uscì dalla seconda guerra mondiale ancora capace di funzionare e di realizzare gli scopi mutualistici per i quali fu fondata nel 1877.
La sua attività restava positiva per i soci e per la città, mentre il Sedil Dominova, grazie alla presenza dell'ente mutualistico, conservava il prestigio della storica funzione di rappresentare strategico punto di riferimento per i lavoratori e per il popolo di Sorrento. Il secondo dopoguerra iniziò con la Società Operaia ancora capace di incidere sul tessuto sociale della città, anche se coinvolta nella grande fase di cambiamento avviata dalla caduta del fascismo (1943), dalla Liberazione (1945) e dalle votazioni del 2 giugno 1946 in cui gli italiani, oltre ad andare a scegliere la repubblica e a gettare alle spalle la monarchia dei Savoia, elessero i componenti dell'Assemblea Costituzione, un parlamento con il compito di scrivere il teso della nuova costituzione. In tale quadro, all'inizio degli '60, in cui si era nella fase del miracolo economico, si fecero strada anche in Italia le ideologie del Welfare State con interventi mirati ad una politica sociale che fornisse un minimo di sicurezza a tutti i cittadini.
In questo contesto, profondamente cambia rispetto all'epoca della fondazione, la Società Operaia riuscì a mantenere pienamente fede ai suoi scopi mutualistici sino alla fine degli anni '60 con l'erogazione effettiva di sussidi e pensioni.

La lunga presidenza Stinga

La lunga presidenza di Antonino stinga, iniziata nel 1976, ha consentito alla Società Operaia di Sorrento di continuare la sua attività fino ad oggi, sia pure con scelte mirate ad adeguare i suoi scopi ai tempi profondamente cambiati.
La svolta in tale senso si ebbe in occasione dei festeggiamenti per il Centenario nel 1977. Il sodalizio, messi da parte gli scopi mutualistici, cominciò a varare iniziative culturali, momenti di aggregazione per i lavoratori e per i cittadini, borse di studio per i giovani studenti della città, attività di beneficenza, le onoranze ai soci scomparsi e il corteo del 1 novembre per rendere omaggio al Monumento Sociale dedicato ai soci defunti, l'allestimento dell'artistico presepe per il Natale. L'impegno profuso dal presidente Stinga, dal 1976, ha consentito all'ente di continuare con dignità la sua storica presenza nella vita della città di Sorrento. Nel 1977, durante i festeggiamenti per il Centenario, Stinga inserì nel suo discorso questa idea: "Desidero esprimere la convinzione che la nostra Società Operaia ha avuto un ruolo importante nella vita di Sorrento e sulla base di questo patrimonio oggi si deve andare avanti, anche se in un ruolo diverso. Dobbiamo essere sempre vicini ai lavoratori e preoccuparci della loro esistenza negli aspetti da altri tralasciati".
Tuttora, all'alba del terzo millennio, la Società Operaia continua ad operare nella vita della città di Sorrento, sia pure senza riferimento specifico al "mutuo soccorso" tra i lavoratori, lo scopo sbandierato con orgoglio dai soci fondatori. Il mutamento delle funzioni del sodalizio, simile a quello di tutte le istituzioni mutualistiche dello stesso tipo, è stato la conseguenza inevitabile dell'intervento massiccio dello stato in campo assistenziale e previdenziale. Nel quadro generale del mutualismo, la Società Operaia di Sorrento ha saputo rappresentare uno degli esempi migliori sia perché ha effettivamente erogato fino agli anni '60 i sussidi per malattia e le pensioni di invalidità e vecchiaia, sia perché ha svolto un'azione significativa nell'interesse di tutta la città. Le grandi figure di alcuni presidenti, come Guglielmo Tramontano e Carmine Lauro, non devono indurre ad una visione delle loro azioni in chiave individualistica, ma vanno inserite nelle reali situazioni storiche delle comunità in cui essi hanno agito in tempi diversi. Il sodalizio operaio ha contribuito a scrivere la stortia di Sorrento attraverso tanti "eroi quotidiani" delle classi lavoratrici che, dall'epoca della fondazione ad oggi, hanno testimoniato ogni giorno la fede nei loro ideali. Piutoosto la notevole circostanza che, all'inizio del ?900, il presidente Tramontano e (in seguito) il consigliere Lelio Cappiello sia diventati sindaci di Sorrento, è la prova storica di quanto la Società Operaia nel suo insieme sia stata in grado di rappresentare luogo di sana aggregazione nell'interesse di tutta la città.
Fatti e documenti dimostrano che la Società Operaia e il mondo dei lavoratori hanno accompagnato l'evoluzione economica, sociale e politica di Sorrento dalla seconda metà dell'800 ad oggi. L'evoluzione dal paese in cui le principali attività produttive erano le occupazioni marinaresche, il settore dell'agrumicoltura e delle coltivazioni agricole, la nascente industria della tarsia in legno, arti e mestieri delle antiche tradizioni, fino alla città orgogliosa delle sue grandi fortune nel settore turistico-alberghiero.
Dopo aver visitato al Sedil Dominova, non si può fare a meno di coltivare una riflessione: in questo luogo ha palpitato la parte più autentica dell'anima di Sorrento, quella del suo popolo. Ciò è accaduto nell'epoca in cui, a partire dal XIV secolo, la monumentale struttura era il luogo di riunione di una parte della nobiltà per compiere le scelte politiche legate all'amministrazione della città. Ciò è accaduto nell'epoca in cui, a partire dal 1877, l'edificio è diventato la sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso. La storia delle classi lavoratrici e la storia di Sorrento hanno vissuto momenti fondamentali.
Questa non è soltanto la "Terra delle Sirene", la terra di bellezze ambientali, chiese, monumenti, musiche, canzoni e visitatori illustri. Ogni giorno, in via San Cesareo, un'occhiata o una visita al Sedil Dominova consentono di avvertire sentimenti e messaggi riferibili all'anima genuina di Sorrento: quella del suo popolo. Per i visitatori, il senso della scoperta, vissuto attraverso la visione e notizie storiche sul monumentale edificio. Per gli abitanti di questa terra, l'orgoglio di poter ripetere le parole di Torquato Tasso: "Sorrento città dov'io nacqui".


Testi ed immagini sono stati tratti da "Sorrento - Sedil Dominova - Società Operaia di Mutuo Soccorso" di Giovanni Petagna e Giovanni Siniscalchi (Edito dalla Stamperia Petagna di Sorrento nel 2004)

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Ultimo aggiornamento

30/09/2022, 14:37